Traduzione | Poesie 1909-1911 di Rupert Brooke

Sonnet

Oh, i morti mi troveranno, molto prima che mi stanchi
_ Di guardarti; e mi faranno dondolare all’improvviso
nell’ombra, nella solitudine e nel fango
_ Dell’ultima terra! Lì, in paziente attesa,

Un giorno, penso, penso che soffi un vento fresco,
_ Vedere una lenta luce attraverso la marea stigia
E ascoltare la Morte intorno a me che si agita, inconsapevole,
_ E trema. E dovrei sapere che tu muori,

E ti guardo con la fronte che ride di sogno
_ Passa, leggera come sempre, attraverso la schiera senza luce,
Considera tranquillamente, si allontana e si agita, e risplende -.
_ Fantasma individuale e sconcertante! –

E girati, e getta la tua deliziosa testa bruna
divertito, tra l’antica Morte.

APRILE 1909

Sonnet

Vorrei dire che ti ho amato magnificamente; non è vero.
_ Che lunghe e rapide maree agitano un mare senza sbocco.
Sui dèi o sugli stolti le cadute rischiano molto – su di te -.
_ L’amore si arrampica dalla terra alle estasi che si dipanano.
Ma – ci sono vagabondi nella nebbia di mezzo,
_ Che gridano alle ombre, si aggrappano e non sanno dire
Se amano, o, amante, a chi:
_ La signora di una vecchia canzone, uno sciocco travestito…
O fantasmi, o i loro stessi volti nel buio;
_ Per amore dell’amore o per la solitudine del cuore.
Il piacere non appartiene né a loro né alla coppia. Dubitano e sospirano,
_ E non hanno amato tutti. Di questi sono io.

GENNAIO 1910

Successo

Penso se tu mi avessi amato quando volevo;
_ Se un giorno avessi alzato gli occhi e avessi visto i tuoi occhi,
E avessi trovato esaudita la mia preghiera malata e blasfema,
_ E il tuo volto bruno, pietoso e saggio,
Improvvisamente arrossato; la divinità in un nuovo timore.
_ Così intollerabilmente in lotta, e così vergognosa;
Santissimo e lontano, se ti fossi avvicinato,
_ Se la terra avesse visto il limbo selvaggio più maestoso.
Scosso, intrappolato e tremante, per il mio tocco -.
_ Io stesso avrei dovuto tagliarti la gola, o ti avrebbe sporcato.
Ma questi strani dei, che hanno dato così tanto,
_ Per averti visto e conosciuto, questo non potevano fare.
Un’ultima vergogna mi è stata risparmiata, un mondo nero non è stato detto;
E io sono solo; e tu non ti sei svegliato.

GENNAIO 1910

Polvere

Quando la luce bianca in noi si spegne.
_ E così perdiamo il piacere del mondo.
Per irrigidirci nelle tenebre, lasciati soli
_ Emettitore nella nostra notte divisa;

Quando i tuoi capelli chiari sono ancora nei morti,
_ E attraverso le labbra corrotte spingi
Fissa l’operaio del mio respiro -.
_ Quando eravamo polvere, quando eravamo polvere! –

Pad della morte, non ancora indesiderabile,
_ Ancora sensibile, ancora insoddisfatto,
Cavalcheremo l’aria, e brilleremo, e svolazzeremo,
_ Intorno ai luoghi in cui stavamo morendo.

E danzeremo come polvere davanti al sole,
_ E la luce dei piedi, e aprirci,
Correre da una via all’altra, e correre
_ Intorno alle rotte del vento.

E sempre di più, sulla terra o nell’aria
_ Andrà con tutta velocità e brillerà, massacrerà gli ultimi giorni,
E come un pellegrino segreto viaggia
_ Per la via desiderosa e invisibile,

Pad di rimanere mai, nessuna posa mai
Solo per, al di là del pensiero, se non dalla vista,
Una pagliuzza di tutta la polvere sono io,
Devo incontrare un atomo che sei tu.

Poi in qualche giardino silenziato dal vento,
al caldo del tramonto
Gli amanti tra i fiori troveranno
Una crescita inquieta, dolce e strana

sulla pace; e, desiderando il passato
_ Una bellezza così alta nell’aria,
e una tale luce, e una tale ricerca,
e un’estasi così radiosa,

Non sapranno se è fuoco o rugiada
O fuori dalla terra, o in alto
Canto, o fiamma, o profumo, o tinta
O entrambi, nella luce, nella luce.

Fuori dal giardino, più in alto, più in alto…
Ma in quel momento impareranno
L’estasi travolgente del nostro fuoco,
E i cuori deboli senza passione bruceranno

e impallidiranno in quell’incredibile bagliore,
per l’oscurità chiusa in alto;
E sapranno – poveri sciocchi, sapranno! –
{\an8}Un momento, che è amare.

DICEMBRE 1909 – MARZO 1910

Elenco delle traduzioni di poesie
(Italiano, Français, Español, English, Deutsch, Nederlands, Svenska)

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Traduzione | Esperimenti e Poesie 1905-1908 di Rupert Brooke

La seconda migliore

Qui nel buio, o cuore;
Solo con la fine della terra, e la notte
E il silenzio, e lo strano odore caldo del trifoglio;
Visione chiara, anche se ti spezza; Lontano lontano lontano
Dalla morte meglio, il caro vecchio piacere;
Getta via il tuo sogno di immortalità,
O fedele, o amante temerario
Lì c’è pace per te e sicurezza; qui l’unica
Saggezza – verità! – Ogni giorno il buon sole è felice
Piove su di te amore e fatica, vino e canzoni;
I verdi boschi sorridono, il vento soffia, tutto il giorno
della notte”. E la notte pone fine a tutte le cose. Allora verrà
Nessuna lampada brilla nel cielo, nessuna voce grida.
O le luci cambiano, o i sogni e le forme fluttuano!
(E, cuore, per tutti i tuoi sospiri,
questa grandezza e queste lacrime sono sempre di più…)

E la verità non ha nulla di nuovo da sperare,
Cuore, a chi piangi ancora in Paradiso?
Sussurrano ancora, le deboli vecchie grida
“Mezzo adolescente e canzone, festa e carnevale,
Attraverso le risate e le rose, anche di una volta
Una viene la morte, per piedi ombrosi e costanti,
La morte è la fine, la fine!”.
Orgoglioso e, con gli occhi chiari e sorridenti, vieni a salutare
la morte come un amico!

Esiliati dall’immortalità, saggi e forti,
Tentate di attraversare l’oscurità con occhi indesiderati
verso ciò che potrebbe essere al di là di lui. Colloca la tua partenza,
O cuore, in eterno! Ma, dietro la notte.
Aspetta il grande non nato, in qualche luogo lontano,
di albe bianche ed estreme. E la luce,
tornando, renderebbe le ore dorate,
Il mare un piano senza vento, la terra un prato.
Luoghi per danze soleggiate, spaziose e piene
E risate, e musica, e, tra i fiori,
Uomini felici con cuori infantili e visi come bambini.
O cuore, nella grande alba!

1908

Il giorno che ho amato

Teneramente, il giorno che ho amato, chiudo gli occhi.
E liscio la tua fronte silenziosa
I veli grigi della penombra si infittiscono: i colori si spengono
Ti porto, un fardello di luce, fino al velo di sabbia

Dove riposa la tua barca in attesa, la costa del mare che si è fatta chiazza
Blume-enguirlande, con tutta l’erba grigia dell’acqua coronata
Lì sarai adagiato, con il timore di passare o la speranza di guardare
E al di sopra del mare che scorre, senza un rumore

Mains fables ses contenderai fuori, fuori dalla nostra vista,
Noi, con le braccia tese e gli occhi vaghi su un bagliore lontano
e sabbia di marmo… sopra il crepuscolo cambia il freddo
Più che le risate, o la pioggia, più che i sogni ad occhi aperti, non ci sarà più nulla di porta, nulla di porta, nulla di porta, nulla di porta, nulla di porta, nulla di porta, nulla di porta.

Non sarà nulla di porta, nulla di luci dell’isola dell’alba! Ma il mio tesoro
Gaspille nero, e, infine, bruciare ultimo sul fonce.
Oh, l’ultimo fuoco – e tu, né bacio né gentilezza!
Oh, la fine rossa della via solitaria, e noi piangiamo lì!

(Ti troveremo pallido e tranquillo, e coronato stranamente di fiori,
amorevole e segreta come un bambino. Tu verrai con noi.
Vieni felicemente, mano nella mano con il giovane tempo di ballare,
fino al piumone all’alba!) Maneggio vuoto e buio.

Le sabbie grigie si piegano davanti a me…. Dai prati interni
Profumo di giugno e trifoglio, fluttuano nel nero, e riempiono
I volti vuoti del mare morto piccole ombre che salgono,
E il bianco silenzio trabocca nella conca delle colline.

Salda nel nido è pestata ogni ala stanca
Ha reso tutte le voci allegre; e noi, che ti teniamo cara, ci volgiamo verso est e torniamo a casa.
ci volgiamo a est e torniamo a casa da soli, ricordando
Giorno che ho amato, giorno che ho amato, la notte è qui!

Tramonto: luna di pianura

Si sdraiano in…
Mi raggomitolo sulla terra, cammino, io solo.
Alto e freddo cento sognatore, o regina, alto sognatore e solo.

Abbiamo dormito più a lungo, che può appena guadagnare
Quello della fiamma bianca, e le grida notturne;
I passanti che non si vedono; il mormorio del mondo di sotto.
Con desiderio, con nostalgia.
Al fuoco che non brucia..,
Alla tassa senza cuore, all’estasi senza fiamma…

Senza aiuto mi sdraio.
E intorno a me camminano i piedi degli osservatori.
C’è un vociare e un battere d’ali sopra la mia testa
Un intollerabile scoppio d’ali…

Tutta la terra diventa di fuoco,
Un labbro bianco di desiderio
Spazzola fresco sulla fronte, Sussurra cose addormentate.
La terra si abbassa piena di conforti; e l’aria si diletta di vie.
Passaggi coperti da belle mani,
Aiutano chi, cieco e felice, inciampa e vaga.
Le mani si allungano e fluttuano, su, su, tra le lodi di innumerevoli trombe agenti, tra le lodi di innumerevoli trombe agenti.
Di innumerevoli trombe agenti, di grida,
verso tutta la gloria, verso tutta la soddisfazione, verso l’alto infinito,
Alla grazia, alla quiete, agli occhi della madre
E le risate, e le labbra di luce.

AGOSTO 1908

Nell’esame

Guardate! Dal cielo tranquillo
Verso la finestra il mio Signore il sole!
E i miei occhi
erano abbagliati e ubriachi di oro mistico,
La gloria dorata che mi annegava e incoronava
Mi ha fatto vorticare e ondeggiare per la stanza… Tutto intorno a me,
a destra e a sinistra,
linee arrotondate e vecchie,
Stupidi con occhi vitrei che scarabocchiavano, crescevano corretti,
Risuonavano circolarmente e aureolati di luce sacra.
La fiamma illuminava i loro capelli,
e i loro occhi ardenti diventavano giovani e saggi.
Ognuno come un Dio o un Re dei Re.
Vestiti di bianco e di lampi
(Ancora scarabocchiando tutto);
E un tumultuoso mormorio di ali
si levò attraverso la sala;
E conobbi l’eterno fuoco bianco
E, attraverso i portali aperti,
Di giro in giro,
Arcangeli e angeli, adoranti, salutanti,
E un volto senza ombra…
Verso la luce scompare:
Ed erano ancora pazzi, pazzi che non sapevano,
Ancora scarabocchiando, con gli occhi vitrei e gli immortali impassibili.

10 NOVEMBRE 1908

Pini e cielo: sera

Avevo visto il dolore del cielo della sera
E sentivo il mare, la terra e il caldo trifoglio
Ho ascoltato le onde e il grido beffardo del gabbiano.

E in tutto questo c’era il grido antico,
Quella canzone che cantano sempre: “Il meglio è finito!
Ora puoi ricordare, pensare e sospirare,
O bestia amante!”.
E io ero stanco e malato e tutto era finito,
e perché io,
con tutti i miei pensieri, non riuscivo a recuperare
un momento delle belle ore che erano finite.
Ero dispiaciuto e malato, e desideravo morire.

Poi, dalla triste strada dell’ovest, stancamente
Vedo i pini contro il bianco cielo del nord,
Molto belli, e calmi, e appoggiati
Le loro teste nere e affilate contro un cielo tranquillo.
E c’era pace in loro; e io
Ero felice e dimenticavo di giocare con l’amante,
e ridevo e non volevo più morire;
Siate felici di voi, o pini e cielo!

LULWORTH, 9 LUGLIO 1907

Wagner

Entra silenziosamente la metà desiderosa,
che con una faccia larga e grassa, senza capelli.
Ama la musica d’amore di scarsa qualità
Gli piacciono le donne in luoghi affollati.
E chiede di ascoltare il rumore che fanno.

Le loro palpebre dure si abbassavano oltre la metà,
Grandi tasche oscillavano sotto i loro occhi.
Lui ascolta, si crede l’amante,
Soffia dai loro sospiri asmatici del ventre;
Gli piace pensare a una pausa dai loro cuori.

La musica aumenta. I loro piedi grassi tremano.
Le loro piccole labbra sono chiare di bava.
La musica aumenta. Le donne tremano.
E tutto questo, in un tempo perfetto
I loro ventri ondeggianti si agitano.

SALA DELLA REGINA 1908

La visione degli arcangeli

Lentamente dalle cime silenziose, il bordo bianco del mondo,
quattro arcangeli avanzano, leggeri contro il cielo indifferente
Con resistenza, con silenzio anche il passo, e le magnifiche ali si arrotolano,
Una piccola bara scura, dove deve giacere un bambino,
Era molto, molto piccolo. (Tuttavia, avevate immaginato. Dio potrebbe mai
Dare a un bambino la primavera e la luce del sole,
e tenerlo in quel guscio solitario, per affondare per sempre
Nel vuoto e nel silenzio, nella notte…)

Poi si staccarono dalla cima pura, e la guardarono cadere,
attraverso oscurità sconosciute, le loro fragili bare nere – e in esse
Il piccolo corpo pietoso di Dio, frantumato e debole,
e si raggomitolava come il petalo di un fiore accartocciato.
Finché non fu più visibile; poi si voltò di nuovo
Con volti tranquilli e tristi verso la pianura.

DICEMBRE 1906

Seaside

Rapidamente fuori dal ritmo della banda
Il buon riso nella massa, gli occhi amorevoli degli uomini.
Sono attratto dalla notte: devo tornare indietro
Dove, al di là della spiaggia inesplorata sottostante
Il vecchio oceano inquieto. Tutta l’ombra
è ricca di magia e di movimento. Vago solo
Qui sul bordo del silenzio, spaventato a metà.

Aspettando un segno. Nel mio cuore profondo
Le acque tetre si gonfiano verso la luna,
E tutte le mie correnti giacciono. Da dentro
salta un allegro frammento di una canzone beffarda,
che tintinna e ride e svanisce sulla sabbia,
e la morte tra la diga e l’oceano.

Sulla morte di Smet-smet, la dea cavalluccio marino

CANTO DI UN’ANTICA TRIBÙ EGIZIA

(I sacerdoti con il tempio)
Era rugosa, muta e orrenda? Era nostra madre.
Era lussuriosa e lasciva? – ma un Dio: non ne avevamo altri.
Di giorno era nascosta e muta, ma al calar della notte gemeva nell’ombra;
Noi tremavamo e le davamo la sua volontà nell’oscurità; avevamo paura.

(Popolo senza)
_ Ci ha mandato il dolore,
_ _ E noi salutavamo davanti a Lei;
_ Era ancora in superficie
_ _ E placò i nostri sospiri;
_ E cosa faremo?
_ _ Ora Dio muore

(Gente con)
Aveva fame e mangiava i nostri figli; – come dovevamo trattenerla.
Prese i nostri giovani e le nostre fanciulle; – le nostre cose le obbedirono.
Eravamo disposti e derisi e vituperati da tutte le terre: questo era il nostro orgoglio.
Ci ha nutriti e amati, e siamo morti; ora è morta.

(Popolo senza)
_ Lei era forte;
_ _ Ma la morte è più forte.
_ Ci ha dominato a lungo.
_ _ Ma il tempo è più lungo;
_ Ha alleviato la nostra infelicità
_ _ E ha placato i nostri sospiri;
_ E noi cosa faremo?
_ _ Ora Dio sta morendo

1908

Il canto dei pellegrini

FERMI INTORNO AL FUOCO DI NOTTE, DOPO IL TRAMONTO DELLA LUNA, CANTAVANO QUESTA CANZONE INDEGNA DELL’ALBERO.

Quale luce dal cielo senza memoria
ti ha riletto con i nostri occhi,
Tu chi è che abbiamo cercato, chi è che dobbiamo scoprire…
Un certo profumo di vento,
Il tuo volto nascosto oltre l’occidente,
Questi giorni ci hanno chiamato; alla ricerca
Un vecchio sentiero abbiamo percorso,
più infinito del desiderio…
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _Dio, via,
Sospira con la tua voce crudele, che riempie
L’anima di invidia per le colline scure
e il debole orizzonte! Perché lì arrivano
grigi momenti di malattia del viaggio
Antichi muti, quando nessuna canzone
può confortarci, ma la strada sembra lunga;
E ricordiamo…
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _Ah! Il battito
di piedi santi senza ritorno,
e i canti dei pellegrini senza ritorno…
I fuochi che abbiamo acceso bruciano ancora
sui vecchi luoghi sacri di casa. I nostri genitori
Costruirono templi e in essi
Pregare gli dei che conosciamo; e noi viviamo
In piccole case gentili,
Essere felici (ci ricordiamo come!)
E tranquilli anche alla morte…
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _O Tu,
Dio del vagabondo ansioso,
I nostri cuori sono malati per il ritorno infruttuoso,
e grida per il desiderio perduto.
Incoraggiamoci ad andare avanti, anche con il fuoco
consumando sogni di altra beatitudine.
Il meglio che Tu dai, dando quella
Cosa sufficiente – per viaggiare di nuovo
Sulla pianura, sulla collina,
senza esitazione attraverso le ombre,
in mezzo a un silenzio impavido,
Fino a quando, in qualche curva improvvisa, vedrai
Tra gli alberi neri e sussurranti
Il tuo altare, bianco di meraviglia,
Tra le foreste del Nudo.

1907

Il canto delle bestie

CANTÒ, UNA NOTTE, NELLE CITTÀ, AL BUIO

Vieni, vieni! Vieni via!
Siete oscuri e spenti durante il giorno comune
Ma ora è notte!
È una notte vergognosa, e Dio dorme!
(Non hai sentito il colpo veloce che ha strisciato
attraverso il pesce affamato, e il desiderio di delizia,
e il caldo segreto dei sogni che il giorno non può raccontare?)
…La casa è muta;
La notte ti chiama… Vieni, ah, vieni!
Scendi le scale buie, attraversa la porta scricchiolante,
Nuda, strisciando mani e piedi…
-È un appuntamento! È un appuntamento!
Non sei più uomo, ma di gran lunga
Bestie e Dio… Vai per la strada senza luce
Per piccoli sentieri neri e luoghi segreti,
nell’oscurità e nel fango,
Risate deboli tutt’intorno e volti doloranti
Alla luce delle stelle si vede – ah, seguiteci!
Perché l’oscurità mormora un desiderio senza visibilità
E le dita della notte sono innamorate…
Tieni duro mentre ci lanciamo,
attraverso folli mormorii vi sollecitiamo, e mani calde si aggrappano a voi,
E il tocco e il pungiglione della carne nuda,
Il fianco morbido al tuo fianco, e il fianco che ti sfiora -.
“Stanotte” non prestate mai attenzione!
Incrollabile e silenzioso seguimi,
La città finisce bruscamente
E la curva dei binari si spalanca
Dalle voci della notte,
Oltre il desiderio e la paura,
Alle acque piatte del chiaro di luna
Alle acque piatte, calme e limpide
Alle inquietanti pianure nere dell’oceano che chiama.

1906

Fallire

Perché Dio pone il suo destino adamantino
_ Tra il mio cuore spento e questo desiderio
Giuro che romperò il cancello di ferro
_ Mi alzo e lo maledico sul loro trono di fuoco.
La terra rabbrividì al mio trono di bestemmia,
_ Ma l’Amore non era che una fiamma ai miei piedi;
_ Egli è fiero di una Scala d’oro che ho percorso; e ho battuto
Tre volte sul battente, e sono entrato con un grido -.

Tutte le grandi corti erano silenziose sotto il sole
_ E pieni di echi vacui: il muschio era cresciuto
Sopra il pavimento liscio e cominciava a
_ A salire sulle polverose sale del consiglio.
Un vento vano soffiava intorno al trono vuoto
_ E scuoteva le dure tende alle pareti.

Ante Aram

Davanti al tuo luogo sacro mi inginocchio, ignoto adoratore,
_ Cantando a te strani inni e dolorose litanie,
Incenso di canti funebri, paghi di sacra mirra.

Ah! Dea, sul tuo trono di piogge e di deboli e bassi sospiri,
_ Stanco alla fine il piede che erra, al pendio
E i cuori vani stanchi delle vanità del mondo.

Quanto è onesto questo profondo silenzio per il viaggiatore
_ Sordo al rombo dei venti lungo il cielo aperto!
Dolce, dopo la brezza pungente e amara del cielo d’acqua,

Il vino di Lethean nei tuoi calici!
_ Vengo davanti a te, io, viaggiatore stanco,
per ascoltare l’orrore del luogo sacro, le grida lontane,

E i sussurri malvagi nell’oscurità, o il rapido rombo
_ Di venti terribili – io, l’ultimo di tutti i tuoi devoti,
Spero di vedere la fragrante oscurità agitarsi,

E, separandomi, inquadrare i suoi tranquilli misteri.
_ Un volto, con bocche più tenere dei gigli d’autunno,
E una voce più dolce del lamento di chi si allontana dai violini,

O del gemito sommesso di qualche suonatore di liuto dagli occhi grigi.

Aube

DAL TRENO TRA BOLOGNA E MILANO, SECONDA CLASSE

Di fronte a me due donne tedesche russano e ansimano.
_ Attraverso un’oscurità vorticosa e arcigna ci agitiamo e ruggiamo.
Siamo stati qui per sempre: anche adesso.
_ Un debole orologio segna due ore, due eoni, di più.
Le finestre sono ben chiuse e appiccicose e umide.
_ Con un odore di notte. Ci sono più di due ore;
Due ore all’alba e a Milano; altre due ore.
_ Di fronte a me, due donne tedesche russano e si lamentano…

Una di loro si sveglia, sputa e si riaddormenta.
_ L’oscurità rabbrividisce. Una pallida luce attraverso la pioggia
colpisce i nostri volti, tirati e bianchi. Da qualche parte
_ Si apre un nuovo giorno; e, all’interno, l’aria sporca
È fredda, umida e più sporca di prima…
_ Di fronte a me due donne tedesche russano e russano.

La chiamata

Dal nulla del sonno,
il lento sogno dell’eternità,
c’è stato un tuono sull’oceano:
Sono venuto, perché tu mi chiami.

Ho infranto le primitive sbarre della notte
Ho sfidato l’antica e spaventosa maledizione
E mi sono illuminato attraverso file di stelle spaventate.
Improvvisamente in tutto l’universo!

I silenzi eterni furono rotti;
L’Inferno divenne Paradiso al mio passaggio.
Cosa dovevo darti come pegno?
Un sospiro che ci siamo incontrati, finalmente!

Cesserò e forgerò di nuovo le stelle,
Romperò i cieli con un canto;
Immortale nel mio amore per te,
Perché ti amo, molto

La tua bocca dovrebbe prendere in giro i vecchi e i saggi
La tua risata dovrebbe riempire il mondo di fuoco,
Scriverò nei cieli che si restringono
lo splendore scarlatto del tuo nome,

Dal cielo crepato e da un inferno sottostante
_ Muore nell’ultimo folle incendio
E le tenebre cadono, con un tuono sprezzante,
Sui sogni e sui desideri degli uomini.

Poi, da soli, negli spazi vuoti
_ I morti, che camminano in silenzio,
dovrebbero temere la gloria dei nostri volti
_ Per tutta l’oscura infinità.

Così, vestiti di amore perfetto,
_ La fine eterna deve trovarci uno,
Solo sopra la notte, sopra
_ La polvere del dio morto, solo.

I viaggiatori

È arrivato il momento? Lasciamo questo luogo di riposo
_ Reso bello dall’uno e dall’altro per un po’.
Ora, per la velocità del dio, un ultimo folle abbraccio;
_ La lunga strada allora, non accesa dalle tue risate da favola.
Ah! La lunga strada! E tu così lontano!
Oh, ti richiamerei! Ma… ogni giorno strisciante
_ Impallidisce il labbro scarlatto, ogni miglio
duramente il caro dolore del tuo volto ricordato.

… Credi che ci sia una lontana città di confine, da qualche parte?
_ Il limite del deserto, l’ultima delle terre che conosciamo,
_ _ Un possibile limite emaciato della nostra luce,
_ In essa troverò che mi stai aspettando; e andremo
Insieme, mano nella mano, laggiù
_ Dentro i rifiuti che non conosciamo, dentro la notte?

L’inizio

Un giorno ho dovuto alzarmi e portare fuori i miei amici
E ancora ti ho trovato dall’altra parte del mondo,
Tu sei quello che trovo così giusto
(Tocca le tue mani e annusa i tuoi capelli!),
Il mio dio solo nei giorni che furono.
I miei piedi impazienti dovrebbero trovarti ancora,
Attraverso gli anni tristi e il segno del dolore
Cambierai del tutto, perché dovevo sapere che
(Come potrei dimenticare di averti amato allora?).
Nella triste penombra della sera,
il volto che è stato tutta la mia alba.
Allora, ai confini della terra, mi laverò
E ti terrò stretta in ogni mano.
E vedrò la tua età e i tuoi capelli cinerei
Maledirò la cosa che eri una volta,
perché è cambiata e pallida e vecchia.
(Bocche che erano scarlatte, capelli che erano d’oro!).
E io ti ho amato prima che tu fossi vecchio e saggio.
Quando la fiamma della giovinezza era forte nei tuoi occhi,
_ E il mio cuore è malato di memorie.

1906

Esperimenti

Coriambici 1

Ah! Non ora, quando il desiderio brucia, e il vento chiama, e i soli di primavera
Danza leggera nella foresta, mormorio nella vita, oahu me al viaggiatore;
Ah! non ora che dovevi venire, ora che la strada chiama, e i buoni amici chiamano,
Dove si cantano canzoni, si combattono battaglie, sì! E il meglio di tutti.
Amore, a una miriade di bocche più belle di loro, baci che non potevi dare!
Carissimo, perché ho dovuto piangere, gemere e lamentarmi, ho dovuto vivere di nuovo.
Triste dimenticherò, lacrime per il meglio, amore sulle bocche di te.
Ora, quando l’alba nel sangue si sveglia, e il sole illumina l’azzurro dell’est;
dimenticherò e sarò felice!
Sola nella lunghezza, cara, quando il bel giorno finisce.
Quando l’amore morirà con l’ultima luce, e l’ultima canzone cantata, e gli amici saranno tutti morti, e l’oscurità sarà in agguato.
Tutti sono morti, e il cielo è oscuro; allora, come solo, io giaccio.
I venti raccolgono i mezzi morti, spaventati e muti, malati per il passaggio.
Sento che sei stato lì all’improvviso, freddo sulla mia fronte; allora posso sentire la pace.
Della voce di Mex alla fine, sussurro d’amore, che chiama, prima che tutto possa cessare
Nel silenzio dei morti; allora posso vedere sobriamente, e sapere; uno spazio.
Ripiegato su di me, ieri sera nel buio, una volta, come una volta, il tuo viso

DICEMBRE 1908

Coriambici II

Qui la fiamma che era cenere, il luogo sacro dove era vuoto, perso nel bosco stregato.
Ho curato e amato, anno dopo anno, me in solitudine
Aspettando, calmo e con gli occhi felici nel buio, sapendo il cui bagliore un tempo
brillava e attraversava il bosco. Ancora vivo fortemente in un sogno d’oro.
Non mi sono ripreso.
_ _ _ _ Per me, che avevo fiducia, sapevo che un volto avrebbe guardato.
Un giorno, bianco nel bosco scuro, e una voce chiama, e brillare.
Riempire il boschetto, e il fuoco saltò all’improvviso … e, nel cuore di lui.
La fine delle difficoltà, tu! Con la seguente guida preparo l’altare, accendo
La fiamma, bruciando separatamente.
_ _ _ _ Apparizione dei miei sogni invano nella visione bianca
che brilla su di me, ecco! Senza speranza mi alzo ora. Verso mezzanotte.
Sussurri crescono attraverso il bosco all’improvviso, strane grida tra i rami in alto
Grattato, le grida come una risata. Silenziosi e bui, allora, attraverso il sacro boschetto
Magnifici uccelli erano volati, come in un sogno, disturbando le foglie.
_ _ _ _ Sapevo
Da tempo atteso e da tempo amato, che da lontano, Dio del debole bosco, tu
Ovunque giacevi, anche un bambino addormentato, Un bambino improvvisamente rubava l’allegria,
Bianco e meraviglioso ancora, bianco nella tua giovinezza, ti saresti allargato su una terra straniera,
Dio, immortale e morto!
_ _ _ _ Così vengo: non riposare mai, né vincere
Pace, e adorazione di te più, e il bosco silenzioso e il luogo sacro in là.

DICEMBRE 1908

Diserzione

Così chiari siamo, così bene siamo, così illuminata la giusta fiducia,
E la strada è stata tracciata così sicuramente, così, quando me ne sono andato,
Cos’è una cosa sciocca da guardare per te? È qualcosa che si ascolta,
o un grido improvviso, che docilmente e senza parole
Hai rotto la fede, e fortemente, debolmente, sei crollato.
Ti sei arreso – tu, l’orgoglio del cuore, l’inflessibilità del cuore!
Era questa, amico, la fine di tutto ciò che potevamo fare?
E hai trovato il meglio per te, il resto per te!
Improvvisamente avresti appreso (e non da me)
qualche storia sussurrata, che ha rubato la gloria al cielo,
e che ha messo fine a tutti gli splendidi sogni e ti ha fatto andare via.
Così spenta la lotta che conosciamo, il bagliore che conosciamo?

O sleale! La convinzione rimane, e io devo passare
La gioia lungo la strada, e in solo. Sul vetro
Ti aspetterebbe; la pausa si è mossa tra gli alberi, e si agita, e chiama,
e ti coprirebbe di petali bianchi, di petali leggeri.

Lì deve sgretolarsi, fragile e bella, sul sole,
O piccolo cuore, il tuo fragile cuore, finché il giorno non sarà finito,
e l’ombra si raccolga, la luce cada, e, bianca di rugiada,
Sussurra e piove, e striscia verso di te. Buon sonno a te!

MARZO 1910

Elenco delle traduzioni di poesie
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